Be kind! Il ruolo della gentilezza
Il 13 novembre ricorre la Giornata Mondiale della Gentilezza, istituita dal Movimento Mondiale per la Gentilezza che opera dal 1997. Fu l’associazione giapponese Small Kindness Movement a riunire tutte le organizzazioni nazionali che si occupavano di gentilezza, aprendo così un dibattito sull’importanza di creare un mondo più gentile e responsabile.
Che cos’è la gentilezza?
Il Movimento Italiano per la Gentilezza, che ha sede a Parma dal 2000, ha coniato addirittura il neologismo “gentletude” per descrive un’attitudine gentile. Essa comprende:
- Attenzione e disponibilità verso il prossimo, in un giusto bilanciamento tra il mio interesse e quello degli altri;
- Adesione e osservanza delle leggi e delle regole che vigono nella comunità in cui viviamo per una più armonica convivenza;
- Attaccamento e difesa della famiglia come cellula fondante della società;
- Impegno e attivismo nella vita quotidiana, come forma di collaborazione anche con le istituzioni per il benessere di tutti;
- Fiducia e progettazione del futuro;
- Equilibrio tra i nostri sentimenti e la ragione, che vanno coltivati entrambi;
- Apertura del cuore e della mente verso gli altri, come singoli e come gruppi, perché dal confronto possa nascere rispetto e arricchimento reciproco;
- Amore e divulgazione della cultura in tutte le sue branche come bene imprescindibile per tutti;
- Conoscenza e rispetto per le tradizioni della nostra civiltà;
- Amore e rispetto per la natura e il mondo nella sua bellezza.
Essere gentili verso sé stessi
Come si è dunque capito, la gentilezza nella sua dimensione attitudinale comprende un modo di essere e di agire. Essere gentili può diventare così un esercizio per migliorare il modo in cui trattiamo noi stessi e alleviare i sintomi di una malattia mentale o fisica.
Un aspetto ancora poco indagato è quello della gentilezza nei confronti di sé stessi, in inglese self-compassion. È stato studiato il ruolo della gentilezza autodiretta nei disturbi dell’umore e dell’alimentazione, scoprendo che l’autocompassione sia un fattore protettivo per la regolazione emotiva (Chun-Kennedy, 2018).
Un’esperta di autocompassione è la Dott.ssa Kristin Neff, la quale sintetizza in tre punti che cosa implica essere autocompassionevoli:
- Essere gentili con sé stessi, contrastando l’eccesso di autocritica.
- Essere consapevoli di sperimentare qualcosa di comune. Non sentirsi isolati nella sofferenza.
- Guardare i propri problemi con il giusto distacco, non identificandosi con questi.
Una tecnica molto utile per aumentare l’autocompassione è la mindfulness. Essa si è dimostrata efficace nella gestione dell’ansia, dello stress e delle emozioni negative. La mindfulness implica l’assunzione di uno stato mentale non giudicante e ricettivo in cui poter osservare i propri pensieri e sentimenti per quello che sono, senza provare a sopprimerli o negarli. Altre tecniche per imparare ad essere gentili verso sé stessi sono personalizzabili e includono la scrittura, il volontariato, la meditazione guidata e la Acceptance and Commitment Therapy (ACT).
A cura di Simone Spini