Quante volte, nei discorsi di senso comune, si sente parlare di termini che derivano dall’ambito specialistico della salute mentale, sebbene non si sappia esattamente a che cosa ci si stia riferendo?
Uno dei termini più usati nel linguaggio di ogni giorno è proprio quello di disturbo ossessivo compulsivo, a cui si fa ricorso, spesso anche in maniera ironica, per definire quelle persone che hanno una maggiore propensione verso l’organizzazione della casa, un’attenzione particolare per la pulizia degli spazi domestici, per il costante bisogno di riordino e igienizzazione degli ambienti.
Per una cultura che promuova una presa di coscienza della sofferenza legata a uno specifico disagio mentale, è fondamentale, a nostro avviso, fare chiarezza su alcune espressioni concettuali e comprendere, dal punto di vista clinico, la differenza tra un tratto personologico e un vero e proprio disturbo.

Il Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC) per l’ordine e la pulizia si manifesta con il bisogno incontrollato di pulire e mettere in ordine luoghi o spazi, al punto di compromettere significativamente la qualità di vita e le relazioni interpersonali.
Un soggetto che soffre di Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC) non prova gratificazione o piacere nell’occuparsi dell’attività di pulizia e riordino, quest’ultime si manifestano altresì in forma di compulsioni, ossia comportamenti ripetitivi e ritualistici (legati al riordino degli ambienti, all’igienizzazione di se stessi e degli spazi circostanti), che il soggetto si sente obbligato a mettere in atto rigidamente in risposta a un’idea ossessiva.
Per ossessione si intende un pensiero, un’immagine o un impulso persistente e ricorrente, che si impone come intrusivo o indesiderato per la persona, causando elevati livelli di ansia e disagio (i contenuti dell’idea ossessiva possono essere diversi, ad esempio il timore di sporcarsi o contaminarsi). Le forme compulsive hanno la funzione di neutralizzare o ridurre il disagio, sebbene non vi sia una connessione realistica tra l’azione e ciò che si vuole prevenire.

Il disturbo può diventare invalidante proprio per la dispersione di tempo ed energie investite nelle compulsioni, portando spesso a sacrificare l’impegno nello studio, nel lavoro e nella vita sociale. Talvolta anche chi vive a stretto contatto con chi soffre di DOC viene coinvolto nei rituali, essendo costretto ad esempio a seguire dettami comportamentali ben precisi per evitare il più possibile di sporcare o creare disordine.
Chi soffre di Disturbo Ossessivo Compulsivo è in grado di criticare pensieri e azioni ripetitive e li vive come illogici o estranei al concetto di sé, ma non riesce a farne a meno. Talvolta questo vissuto viene accompagnato da tendenze a un giudizio molto severo verso se stessi e all’autosvalutazione, andando ad alimentare sentimenti depressivi che, correlandosi ai sintomi ansiosi, rendono il quadro clinico più gravoso.

Spesso l’idea ossessiva ha la funzione di andare a sostituire un altro contenuto considerato inaccettabile dall’individuo e l’idea di ordine e di pulizia va a rinforzare un illusorio senso di controllo su conflitti morali o emozioni intollerabili a livello cosciente.
Le cause possono essere ricercate in svariati ambiti: un’educazione volta al perfezionismo estremo o a principi morali troppo rigidi, fattori che orbitano intorno alla sfera sessuale e ai rapporti interpersonali, la paura di entrare in contatto con le proprie ferite e il proprio mondo emotivo.
Solo un’accurata ricostruzione della storia del soggetto, all’interno di un percorso terapeutico condotto da professionisti, può permettere all’individuo di divenire più consapevole dei fattori soggettivi su cui si è costituito il disturbo, oltre che consentire una forma alternativa all’esperienza sintomatica, per fronteggiare questioni irrisolte e inespresse, fonte di anni di dolore e sofferenza.

A cura della Dott.ssa Maria Maione

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