L’umore viene definito come disposizione d’animo, tendenza o atteggiamento soggettivo. A livello colloquiale parliamo di buon umore indicando uno stato d’animo positivo e ben disposto verso se stessi e gli altri, aperto ad accogliere stimoli e sfide, energico e vivace. Tale disposizione non viene mai caratterizzata come problematica, nè tantomeno patologica.
Quando tuttavia tale condizione risulta amplificata in modo abnorme portando la persona a perdere la percezione dei propri limiti fino a non
avvertire stanchezza, bisogno di dormire, mangiare o riposarsi, tale benessere esagerato (elevazione del tono dell’umore) diventa un problema. Viene definito episodio maniacale. Sperimentare un episodio maniacale non preoccupa il soggetto che lo sperimenta, che al contrario dichiarerà di non essere mai stato meglio, ma chi ha a che fare con lui. I parenti, i vicini o i colleghi di lavoro si troveranno di fronte una persona inarrestabile, inizialmente estremamente divertente e piacevole, ma che dopo poco trasmetterà un senso di inquietudine. Non solo perché pare innaturale un tale livello di benessere, non solo per un’assenza di percezione del rischio tale da rendere quasi anestetizzato il soggetto che la sperimenta, ma soprattutto per la certezza che “non può durare”. Ed è vero.
All’episodio maniacale segue una fase depressiva, più o meno profonda o duratura. Clinicamente ad un episodio maniacale grave segue più frequentemente un episodio depressivo grave, a volte caratterizzato da anedonia (assenza di piacere) ed abulia (assenza di volontà) tali da costringere la persona che qualche giorno prima appariva inarrestabile a stare a letto senza riuscire a muoversi.
Queste sono le polarità del disturbo dell’umore bipolare.
I quadri clinici possono essere molteplici con prevalenza di una delle due polarità e con differenti gravità dell’uno o dell’altro episodio. Può essere presente ad esempio un solo episodio depressivo grave e ripetuti episodi ipomania, ovvero con sintomi di elevazione dell’umore di breve durata ed intensità. Possono altresì verificarsi episodi misti ovvero con la coesistenza di entrambe le fasi.
A volte quello che può sembrare un carattere bizzarro e lunatico può celare un disturbo bipolare e nascondere un correlato livello di sofferenza. Il soggetto con disturbo bipolare difatti soffre molto e non solo nella fase depressiva vera e propria. L’episodio maniacale consuma letteralmente le energie, accende e brucia i sogni e le progettualità impedendone una solida crescita e maturazione. Pone a elevato rischio la salute fisica spingendo a guida spericolata, abuso di sostanze, promiscuità sessuale. Sono frequenti gli investimenti finanziari azzardati o le grandi perdite di denaro in gioco o scommesse. L’episodio maniacale lascia la persona svuotata, stanca e senza risorse. A questo si aggiunge il senso di frustrazione per non riuscire a mantenere le precedenti performances.
E a tutto questo a sua volta può seguire un episodio depressivo.
Come è facile comprendere se l’approccio diagnostico è simile a quello del disturbo depressivo, molto differente deve essere l’approccio terapeutico.
Sul piano farmacologico i principi attivi devono essere modulati con molta attenzione onde evitare il rischio di viraggio da una fase all’altra e devono essere introdotti farmaci appositi, gli stabilizzatori dell’umore.
Con il tempo, le cure e un adeguato supporto è possibile ottenere un ottimo controllo dell’umore, imparando ad identificare i sintomi ed adeguare conseguentemente la terapia. Il percorso terapeutico può aiutare inoltre a conoscere e utilizzare in modo efficace l’esplosiva energia della fase maniacale e la profonda lucidità di quella depressiva. La persona può infine essere accompagnata a gestire quella intensità estrema che viene descritta come un passaggio dall’inferno al paradiso (e vice versa) tramite la relazione terapeutica e la condivisione umana, riscoprendo il proprio valore di individuo e le proprie caratteristiche che rendono esseri umani perfetti ed unici.
A cura della Dott.ssa Micol Vecchio
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