Forse tra le sensazioni più diffuse della soggettività umana, la tristezza appare come l’elemento principale che induce una persona a chiedersi se sia depresso.
Indubbiamente la tristezza e la riduzione di piacere per le normali attività caratterizzano alcuni dei sintomi principali del disturbo depressivo vero e proprio. Tali sintomi possono modificare la qualità di vita di una persona tanto da spingerla a entrare in una sorta di apnea emozionale all’interno della quale i pensieri ed i sentimenti vengono sospesi e si rimane in una situazione di attesa… Si attende che il brutto momento passi, si prova a non pensarci, a distrarsi con il lavoro, internet, ci si affaccenda in casa. Spesso funziona, a volte subito, a volte dopo un po’, altre volte impiega sempre più tempo a passare.
Ma essere privati dei piaceri o del piacere in generale (anedonia) costituisce una tra le peggiori minacce al reale benessere della persona perché la spinge a ridurre le proprie aspettative, a contrarsi per sentire meno dolore, meno delusione, meno tristezza.
E’ difficile accorgersene subito quando succede, spesso lo si nota dopo diverso tempo o più frequentemente qualcuno che ci vuole bene ci chiede con più insistenza come stiamo, se va tutto bene.
L’anedonia è il sintomo cardine dell’ampio spettro dei disturbi depressivi.
Ogni forma di anedonia persistente costituisce una domanda a cui una persona è costretta prima o poi a rispondere. Perché le cose prima o poi iniziano ad andar male o perché compaiono una serie di disturbi strani, dall’insonnia alla cattiva digestione.
Non importa a quale punto del percorso ci si inizi ad interrogare, se sia necessario un sintomo fisico, una malattia vera e propria o solo un senso di pesantezza, è importante provare a fermarsi e a cercare una risposta.
Il colloquio psichiatrico aiuta a verbalizzare il proprio stato di salute e la propria quotidianità, consente ad un professionista esterno di vedere l’insieme della persona, approfondendo la ricerca di altri sintomi meno visibili.
Possono difatti essere presenti anche alterazioni dell’appetito, del sonno, agitazione, riduzione dell’energia (astenia), della volontà (abulia) o della capacità di concentrarsi, sentimenti di colpa o autosvalutazione, ideazione di morte.
La valutazione medica consente inoltre di identificare la presenza di condizioni fisiche (malattie croniche, particolari condizioni ormonali, uso di sostanze) o psichiche (lutto, disturbo bipolare, disturbo post-traumatico) che possano essere causa o condizionare i sintomi depressivi.
La valutazione psicologica, oltre al colloquio clinico, può anche avvalersi di scale di valutazione testistiche.
Gli interventi terapeutici proposti sono vari e necessariamente in funzione dell’entità dei sintomi e della eventuale presenza di altre patologie correlate.
La terapia farmacologica viene sempre concordata al fine di ridurre il disagio causato dai sintomi prevalenti, utilizzando principi attivi caratterizzati dai minori effetti collaterali e sempre seguendo le linee guida internazionali.

E’ essenziale ricordare che se è vero che il vissuto depressivo costituisce nell’esperienza dell’individuo un momento di intenso dolore o di vera e propria morte interiore, è altresì vero che rappresenta al contempo uno squarcio di profonda autenticità nel percepire la propria esistenza, i propri valori e i propri limiti.
L’intervento terapeutico deve mirare a contenere il livello di sofferenza consentendo alla persona di utilizzare la lucidità e le energie reattive al dolore per reperire nuove strategie di funzionamento utili al superamento della situazione di impasse.
In ultima analisi è corretto riconoscere nella situazione depressiva un blocco, un fermo per cambiare passo e per rimodulare alcuni aspetti salienti della propria vita. In altre parole per evolvere.

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